..." Non so che albero era, ma era grande, seduti ai suoi piedi su una pietra, davanti a noi il canalone di una valle e difronte all'altezza dei nostri occhi, la distesa di verde della collina su cui in lontananza sorgeva un vecchio monastero".
È così che avrei iniziato a raccontare la mia storia.
Ma non c'era nessuno a cui raccontarla, o almeno ora era troppo tardi per farlo.
Un giorno per non perderne la memoria decisi di scriverla.
Scrissi di noi su pezzi di carta rubati a quaderni ingialliti, su risme vergini e bianche, persino su un masso corroso dalla salsedine. Ho usato matite, penne, tizzoni, finanche rossetto.
Ma quello che rileggevo non parlava di noi.
Tornai indietro nel tempo sotto quell'albero milioni di volte, mancava qualcosa, solo adesso mi rendo conto che mancavi tu...
-Mammaaaaa, maaaaaa, dov'è la mia felpa verde?
- È da stirare, smettila di urlare che sto lavorando.
- Dai stirala per favore, tanto l'inserto romantico per cuori infranti può aspettare.
- Guarda che gli inserti romantici, come li chiami tu, ti finanziano la benzina per la moto, il cibo, le vacanze e tutti gli extra di cui non puoi fare a meno. Se vuoi la felpa te la stiri, e con questo la discussione è chiusa.
- Capito mammina, però per favore me la stiri la felpa?
- Ringrazia il mio cuore tenero se te la stiro, e va ad aprire la porta che hanno suonato.
Un'ora più tardi me ne stavo seduta davanti al computer cercando di riprendere il filo interrotto della mia narrazione.
Ero sola perchè tu non mi amavi, mi offrivi il tuo corpo, vuoto come un cielo senza stelle. Sentivo la lotta e la tua resistenza. Il non dare a te stesso spazio per paura che quel vuoto fosse riempito da me e ancora peggio da noi.
Non funziona, oggi scrivere è come sottopormi a una tortura cinese, le idee si aggrovigliano, benchè ci siano, e sento che sono tutte li pronte ad essere tirate fuori. Probabilmente sto diventando davvero troppo mielosa e lacrimevole. Magari gli do una svolta, metto da parte la prima bozza che ho fatto e gli faccio prendere un'altra strada.
A cambiare strada sono bravissima, purtroppo non solo quando scrivo. Ad essere onesta l'unica volta in cui ho invertito realmente la marcia è stata quattro anni fa.
A volte mi chiedo ancora come sarebbe stato se quella sera fossi stata più egoista, meno comprensiva, meno orgogliosamente donna, meno indipendente.
Avevo passato la vita a chiedermi che faccia a avesse mio padre, e quella sera quando la luce calda e arancio degli ultimi raggi di sole del tramonto gli illuminarono il viso potei vederlo, e insieme a lui rivedere il volto di cento padri persi.
Viveva in America, e mentre lo diceva guardava l'orizzonte come se coi suoi occhi chiari, oramai appannati dal velo bianco della vecchiaia avesse potuto scorgerla in lontananza. Era agitato e continuava a guardarsi intorno come se temesse che da dietro le piante di agave potesse spuntare una minaccia.
Aveva avuto altri figli, mi mostrò le foto che guardai come si guardano le foto di perfetti estranei. Per ultima tirò fuori la foto ingiallita e spiegazzata di mia madre, la riconobbi senza bisogno che dicesse nulla, ero io con abiti meno alla moda.
Avrei voluto chiedere perchè non si era fatto vivo per tutti questi anni, urlargli la mia rabbia, e che senso avesse ritornare ora quando oramai non avevo più bisogno di lui. Ma restai in silenzio. Aspettai che fosse lui a parlare.
Aveva scoperto della mia esistenza un mese fa, sfogliando una rivista. Per uno strano destino una coppia di amici dei figli da una vacanza in Europa avevano portato dietro una copia di Hola su cui c'era una mia foto. Aveva scoperto che ero stata cresciuta da una coppia tedesca, trapiantata in Spagna per lavoro. Aveva sempre pensato che anche io fossi morta insieme a mia madre.
Prima di andar via mi consegnò una cartelletta, dicendomi che tutto quello che avrei dovuto sapere era la dentro, e che ora quando avrebbe guardato l'orizzonte al di là dell'oceano qualunque colore avesse avuto per gli altri per lui sarebbe stato verde. Verde come quel raggio verde che una strana alchimia forma a volte prima che il sole trovi riposo per la notte, verde come la luce del lampione che illuminava la baia dell'amore perduto di James per Daisy.
Verde come i campi di grano ancora giovane che aveva attraversato sul treno che lo conduceva verso una morte che ti rendeva tale anche se ancora respiravi. Verde che era diventato il simbolo della felicità quando la neve e il ghiaccio aveva trasformato il paesaggio in uno spettro lunare e il freddo e la fame impedivano di pensare di essere ancora un uomo in mezzo ad altri uomini.
Andò via, non accennò a toccarmi ed io che mi credevo troppo adulta per allungare una mano in cerca di mio padre feci altrettanto.
La lessi quella cartelletta. Mi ci vollero mesi per poter proseguire altre quei numeri di matricola a sei cifre dietro ai quali c'era la mia famiglia. Mi ci vollero altrettanti mesi per poter comprare un biglietto aereo diretto verso il mio passato.
Arrivai in tempo per vederlo morire. Mentre la sua vita si spegneva mi guardava sorridendo. Io guardavo il suo braccio sinistro.
Avevi voluto vedermi per l'ultima volta, forse ti saresti ritirato proprio in quel monastero al di là della valle.
Non sarei stata al tuo gioco, non sarei tornata ai piedi di quell'albero per allungare lo sguardo verso un cortile in cui avrei potuto vederti. Non l'avrei fatto, avevo altre priorità che avrebbero potuto essere anche tue se solo avessi voluto.
Tu non lo sapevi ma avevi fatto in modo che per il resto della vita io non fossi più sola.
Fine
- Ivan sei pronto? Ho finito
- Che palle, non ho voglia di venire dagli zii e mangiare Kosher
- Non fare la solita lagna tanto lo sai che in caso non ti piaccia in frigo hanno gli hamburger per te.
Questo racconto partecipa all' EDS del vicino è sempre più verde lanciato dalla Donna Camel.
Partecipanti
Angela
Michele
Melusina
Hombre
La donna Camel
CaliKanto
Dario
Pendolante
Pendolo
Melusina 2
Gordon
Melusina 3
Singlemama
io vivo in un mondo pieno di gente che finge di essere quella che non è, ma quando parlo con te sono come voglio essere
martedì 11 febbraio 2014
18 commenti:
Ho messo la moderazione non per censurarvi, ma solo perchè voglio essere la prima a leggere i vostri commenti una sorta di ius primae noctis.
L'ho messa anche perchè siccome non controllo quasi mai le mail, se qualcuno vuole mandarmi un messaggio privato ha la certezza che lo legga, nell'altro caso a volte passa pure un mese prima di...
Ciao a tutti, se non vi piace sappiate che a me non importa un fico secco.
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Ma che brava!
RispondiEliminaMa davvero? Ogni volta stento a crederci ma non dire il contrario, non provarci eh, perchè anche se brava non lo fossi davvero ogni tuo brava mi rende felice.
RispondiEliminaBello e intenso.
RispondiEliminaGrazie :)
RispondiEliminaoriginale, tre livelli che diventano uno: Tu non lo sapevi ma avevi fatto in modo che per il resto della vita io non fossi più sola.
RispondiEliminaRispecchia un po' una caratteristica del genere femminile, riuscire a fare e pensare contemporaneamente più cose :)
Eliminabrava!
RispondiEliminaGrazie!
Elimina"Vuoi davvero lasciare ai tuoi occhi
RispondiEliminasolo i sogni che non fanno svegliare?"
Grazie Dario i tuoi commenti sono sempre occasione in più per riflettere
EliminaLilli' ormai sei diventtata una semi-professionista.
RispondiEliminaLa mentoressa butta i semi e tu professi.
Mi hai commossa, grazie.
EliminaLillina questo racconto è BELLISSIMO! Complimenti
RispondiEliminaGrazie,...sono imbarazzata sappiatelo.
EliminaMa che brava Lillina, mi è piaciuto veramente molto, ci sono alcune immagini veramente forti - con tanto di cameo fitzgeraldiano, che io Fitzgerald non lo sopporto tanto, ma ci stava bene il cameo - brava, brava, brava.
RispondiEliminaGrazie Gabriele, che bel commento ne sono lusingata!
EliminaSono felice che il cameo ti sia piaciuto
Me lo stavo per perdere. Scusa Lillina. Imperdonabile. Un intreccio di racconti che cattura.
RispondiEliminaTranquilla ti perdono :)
EliminaCome vedi anche se te ne stavi lontana alla fine è venuto il racconto a catturarti :)