io vivo in un mondo pieno di gente che finge di essere quella che non è, ma quando parlo con te sono come voglio essere

mercoledì 25 aprile 2012

25 Aprile.
Lettera di un Partigiano.


Umberto Fogagnolo (Ingegnere Bianchi)
Di anni 32 - ingegnere elettrotecnico - nato a Ferrara il 2 ottobre
1911 -. Dirigente alla Èrcole Marcili - dopo il 25 luglio 1943 intra-
prende l'organizzazione degli operai di Sesto San Giovanni (Milano)
per la difesa delle fabbriche - dopo 1'8 settembre 1943 è designato
a far parte del cln di Sesto San Giovanni come rappresentante del
Partito Socialista Italiano - nella primavera del 1944 è attivissimo
in azioni di sabotaggio a Milano e in altri settori lombardi - collabo-
ra a tentativi di liberazione di prigionieri politici incarcerati a Mila-
no -. Arrestato il 13 luglio 1944 allo stabilimento Èrcole Marcili, in
seguito a delazione, per opera di ss tedesche - tradotto nelle car-
ceri di Monza, poi al 5° raggio delle carceri San Vittore in Milano -
più volte torturato -. Fucilato il io agosto 1944 in Piazzale Loreto a
Milano, da plotone fascista, per rappresaglia allo scoppio di una
bomba su di un automezzo tedesco in Viale Abruzzi, con Giulio Ca-
siraghi ed altri tredici.


(Lettera scritta alla moglie quando iniziava l'attività partigiana che
lo avrebbe condotto alla morte).
Milano, 31.7.1943
Nadina mia,
ogni movimento di popolo è un dramma che bisogna
provare prima di andare in scena e nessun dramma si sal-
va dal grottesco quando si rappresenta per prova: sa Dio
se le guerre sono cose serie ma non vi è nulla di più comico
di una finta battaglia.
Questa sorte ebbero in passato i cosidetti movimenti ri-
voluzionari: anche allora furono destituite autorità, disar-
mate guarnigioni, presi ostaggi, interrotte strade, ma an-
che allora il movimento non aveva un proposito, ne un
piano. Non vi furono tragedie e mancò la farsa perché il ri-
dicolo raggiunse la malinconia : non si può ridere se manca
ai protagonisti un minimo di serietà e in quel finto duello
l'impostura della plebe e la paura della borghesia non po-
tevano divertire perché facevano pietà.
Oggi non deve succedere come allora.
In questi giorni ho vissuto ore febbrili ed ho giocato il
tutto per il tutto. La più grande carta della mia vita è stata
giocata e non è più possibile tornare indietro. Per i nostri
figli e per il tuo avvenire è bene che tu sia al corrente di
tutto, anche perché a tè io ricorro nei momenti più tragici
e più diffìcili della mia vita.
Qui io ho organizzato la massa operaia che ora dirigo
verso un fine che io credo santo e giusto.

Abbiamo già avuto riunioni e non credevo di poter riu-
scire a coordinare ciò che venti anni di falso patriottismo
aveva sradicato e distrutto. Sono trascorsi molti anni da
quando si erano fatte le barricate ed era corso il sangue, da
quando i labari più o meno rosi erano stati levati in bat-
taglia e i nuovi capi e il popolo si erano vestiti di nobiltà
per vivere un atto di dramma.
Quanto lontani sono i giorni che nella nostra città si era
fatto fuoco sulla folla insorta e un fremito di sollevazione
aveva percorso l'Italia. Ma allora come oggi mancava il lie-
vito dell'azione e quando si diceva fatica da schiavo e paga
di fame, non erano spunti romantici ne pretesti tribunizi,
erano gridi di umanità: se vi sono delle piaghe che brucia-
no e dei bisogni che spingono, si esce e si fa guerra.
Tu, Nadina, mi perdonerai se oggi io gioco la mia vita.
Di una cosa però è bene tu sia certa. Ed è che io sempre e
soprattutto penso ed amo tè ed i nostri figli.
Ve nella vita di ogni uomo però un momento decisivo
nel quale chi ha vissuto per un ideale deve decidere e ab-
bandonare le parole.


In questi giorni ho vissuto ore di dramma e la mia vita
ha avuto momento di tragedia. Tu però sii come sempre
calma e pensami con tutta l'anima perché ora ho tanto bi-
sogno di sentirti vicina.
Sono un po' triste e molto preoccupato perché gli eventi
procedono diversamente da quanto si sperava.
Baciami tanto i bambini e prega con loro
Umberto
P.S. Distruggi questi fogli.


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