io vivo in un mondo pieno di gente che finge di essere quella che non è, ma quando parlo con te sono come voglio essere

giovedì 29 marzo 2012

L'impagliatrice di sedie

Annunziata era rimasta vedova a 25 anni con due figli piccoli da crescere. La mattina della tragedia aveva salutato il marito al solito modo, un gesto distratto della testa e aveva ripreso a fare le sue solite attività giornaliere.
Glielo portarono nel pomeriggio, legato sopra una lettiga fatta con dei rami appena tagliati, ricorda che aveva notato che quei rami erano ricoperti di muschio e di aver pensato che dovevano essere molto umidi. Neanche il dottore gli fecero chiamare, dissero che oramai era belle è morto, che i soldi per andar a prendere il medico con la carrozza li doveva spendere per far mangiare i figli.
I tre giorni di veglia passarono senza che lei si rendesse conto cosa le stesse succedendo intorno, aveva casa piena di gente e di cibo e così continuò per un altra settimana. Mentre tutti pensavano che non parlasse per il troppo dolore, Annunziata aveva avuto il tempo per decidere cosa fare per il suo futuro e ripensare per l'ultima volta al suo passato.
Si concesse per l'ultima volta di ripensare al suo vero amore, almeno credeva che quel sentimento che aveva provato era l'amore vero, per suo marito non aveva mai provato nulla di simile, gli aveva voluto bene e lo aveva rispettato ma non aveva mai sentito lo stesso trasporto che provava per Pietro.
Era lui che avrebbe dovuto sposare, se il suo viaggio per cercare di far fortuna non lo avesse tenuto via tanti anni. Aveva promesso di aspettarlo, ma alla fine i suoi genitori avevano vinto, aveva già vent'anni non potevano rischiare di restare con una figlia zitella, e Ludovico era un buon partito. Si era sposata e aveva fatto due figli maschi.
E poi un giorno Pietro era tornato, ricordava ancora i suoi occhi mentre la guardava deluso come per chiederle perchè? Ma lui conosceva il paese , la mentalità  le usanze e i timori dei padri di ritrovarsi in casa una figlia "mala rimasa".
Dopo un po si sposò anche lui, andò a vivere in un paesino vicino , le loro vite si incrociavano di rado, ma il giorno del funerale era li con tutto il paese.
Passarono i tre mesi di lutto stretto, durante i quali non era concesso uscire di casa o accendere il focolare per mettere su a cucinare, era il suocero che veniva a portare i pasti. Al compimento dei tre mesi il suocero le fece capire che passato il periodo di lutto, avendo due figli a cui dare una famiglia doveva cercare un pari suo per sistemarsi, lui non poteva sfamare tante bocche in più.
Annunziata aveva avuto tutto il tempo per decidere cosa rispondere, si aspettava quelle parole, era pronta.
- Non cerco un altro uomo, me la caverò da sola, so cucire e impagliare sedie, se vossia vorrete dire in paese di questa mia decisione, vi sarò grata
- Una femmina da sola non può stare, ma per amore del mio povero figlio ti metterò alla prova, dirò in paese che vengano da te se hanno bisogno.
E così fu che Annunziata iniziò a cucire giacche , pantaloni, casacche  ed  attaccare bottoni, quelli oramai li attaccava con occhi e orecchie chiuse, perchè erano sempre i maschi vogliosi a cercarla per farseli riattaccare. Ogni volta le toccava sentire i loro discorsi sulle moglie troppo prese dai figli e dalla casa, che se fosse stata disponibile con loro non avrebbe più dovuto preoccuparsi di cosa mettere in tavola ai figli, rispondeva a tutti allo stesso modo:
- Grazie, ma non mi sento ancora pronta, il dolore è ancora troppo grande, ma se un giorno dovessi aver bisogno è alla vostra porta che verrei a bussare.
Andavano via felici, poveri cristi! Intanto a lei la carne di cacciagione non mancava, nè le uova fresche nè i soldi per comprare il resto.
La mattina Annunziata si recava al fiume per raccogliere giunchi ed erbe palustri , che le servivano per impagliare le sedie, aveva già raccolto un bel fascio di salici che aspettavano di essere mondati, l'avrebbe fatto mentre cucinava, così per il pomeriggio avrebbe avuto tutto pronto per mettersi in cammino per un paese vicino nel quale gli era arrivata voce avevano bisogno del suo lavoro.
L'estate era il periodo dell'anno più impegnativo, ma quello che le piaceva di più, ogni giorno un posto e una casa diversa e tante storie da raccontare.
Sistemò al sole i giunchi per essiccarli, era un lavoro che richiedeva cura e abilità , bisognava stenderli in linee parallele a seconda della lunghezza , lasciando tra una e l'altra lo spazio per poterci camminare in mezzo quando era giunto il momento di rigirarli, lo stesso procedimento veniva fatto per i salici affinchè raggiungessero tutto lo stesso colore ambrato dato dal sole. Una volta essiccati i vari materiali , quando i giunchi avevano raggiunto un bel colore verde striato di giallo, li portava in casa per intrecciarli durante l'inverno.
Legò un fascio di giunchi essiccati  messi in ammollo la sera precedente, procedura che andava fatta perchè il materiale acquistasse elasticità e non ferisse le mani durante la lavorazione, chiamò i figli e si mise in viaggio.
Quando la vedevano arrivare era sempre una festa, poichè  portava notizie di luoghi e persone che giammai loro avrebbero potuto conoscere. Si metteva comoda sugli scalini di casa o all'ombra di un albero e mentre impagliava raccontava di Lucia che si stava per sposare con Tonino, che portava in dote dieci casse di corredo e tre ettari di terra, del cerusico che aveva guarito il figlio maschio di Don Raffaele da una febbre maligna e che il Don per ringraziarlo gli aveva donato un crocefisso d'oro che pesava forse mezzo chilo.
A volte le capitava che le venisse posta la domanda che più odiava sul perchè non si era risposata, da anni aveva pronta la risposta e la ripeteva con tale sicurezza che anche lei oramai ci credeva.
La verità era che non aveva mai smesso di pensare a Pietro. Le poche volte che si erano incrociati i loro sguardi fugaci subito distolti sapevano ancora di quel desiderio acerbo dei vent'anni.
Quella sera però tornò a casa con una notizia che non la fece dormire, la moglie di Pietro non riuscendogli a dare figli aveva deciso di lasciarlo e tornare dai suoi, che si erano trasferiti in Piemonte.
Non era un usanza anomala , ma di solito erano i mariti che prendevano tali decisioni, parlavano con i suoceri i quali erano disperati a vedersi ridare indietro una figlia non buona e a perdere la dote che oramai era passata di diritto al marito. Dopo aver parlato col parroco per sciogliere il sacro vincolo si ritornava liberi di prendere in sposa un'altra donna.
Si rigirava nel letto domandandosi che avrebbe fatto Pietro, era ancora un bell'uomo avrebbe potuto avere tutte le ragazze nubili che voleva e cosa più importante oltre alla dote che avrebbero portato erano ancora illibate. Cosa avrebbe potuto offrirle lei? Solo l'epilogo di un sogno spezzato.
Non poteva farsi illusioni anche perchè oramai non era tanto sicura di saper essere ancora una moglie, infondo cercando bene dentro di lei non voleva affatto essere una moglie non le serviva... Aveva un tetto, il cibo in tavola non le mancava, nessuno a cui rendere conto era libera e tale voleva restare. Pietro era un sogno e i sogni non sono mai reali. Ma una parte di lei quella notte aveva bisogno di vivere quel sogno, voleva sentirsi donna.
Passarono i mesi estivi  e giunse l'autunno, Pietro era rimasto un sogno.
Ottobre portò con se i primi temporali invernali, era sola oramai i figli avevano trovato lavoro presso uno zio che abitava in pianura, erano ometti  e lei troppo vecchia per desiderare altro che vederli sistemati.
Senti bussare alla porta andò ad aprire pensando fosse la vicina venuta a darle una mano ad intrecciare i giunchi, la frase che stava per pronunciare le morì il gola, sentiva il cuore battere nel silenzio teso dei suoi sensi, davanti a lei c'era Pietro inzuppato per aver camminato senza prastrano sotto la pioggia torrenziale.
Lo fece entrare nessuno dei due parlò. Restarono in silenzio per un tempo che non aveva nè urgenza nè fretta  un tempo che nessun meccanismo avrebbe potuto misurare, senza dimensione se non quella dei loro corpi estranei .
Era l'alba quando Annunziata aprì gli occhi, con delicatezza scostò la mano che la cingeva all'altezza del seno e si alzò. La pioggia era cessata, fuori tutto era pulito e fresco, presto i primi raggi di sole avrebbero fatto sfavillare i colori caldi delle foglie, sorrise.
Con un movimento lieve scostò una ciocca di capelli dal viso di Pietro, notò una ruga in mezzo alla fronte che con delicatezza seguì con le dita, scese fino alla labbra socchiuse e le baciò.
Erano passati due anni da quella sera, Annunziata impagliava sempre sedie, non aveva sposato Pietro, non era fatta per il matrimonio, il loro era un legame che solo parecchi anni dopo avrebbe trovato un modo per definirlo, per ora era come un lungo fidanzamento anomalo.
Solo una cosa era cambiata, non andava più in giro nei paesi, aveva aperto un laboratorio, in cui oltre a lavorare insegnava alle giovani donne quell'arte antica.
 

10 commenti:

  1. Lillina e' bellissimo...e non vorrei aggiungere altro...rischierei di spezzare l' incantesimo...adoro queste donne del sud :)
    ti sono grata di questo racconto, mi hai riportato indietro, in un tempo in cui ero felice, e venivo in in piccolo paese in Calabria...mi hai fatto sentire l' odore di bergamotto ed il gusto dei gelsi presi dall' albero...
    anche a me una nobile donna calabrese insegno' come intrecciare canestri...
    :'-)

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  2. S. sei una continua sorpresa...hai abitato nella mia Calabria e sai intrecciare canestri!
    Il racconto è nato da un ricordo lontano, quando ero piccola veniva a casa ogni tanto una signora che impagliava le sedie , il resto è fantasia tranne la foto che fa parte di una raccolta del mio quartiere sulla condizione femminile.

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    1. ti ricordi ti dissi in un vecchio commento che venivo a Pellaro diciamo per circa due mesi l'anno, il periodo di vacanza...abitavo in una vecchia casa tra gli alberi di bergamotto, e per scendere al mare, macinavo km nella fiumara..ospite della nonna di una mia compagna...lei intrecciava canestri...ma facevo anche altre cose..che mi sono servite poi in un' altra vita... la Calabria la conosco molto bene...:) sicuramente non erano posti vip, ma per me erano il paradiso...

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    2. E' vero l'avevi detto, la mia memoria a volte fa cilecca! Pardon madame!

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  3. Letto, d'un fiato. Chissà perché chi impaglia mi sta simpatico!
    ;)
    brava davvero!
    Goditi la gloria e ricomincia a scrivere per l'EDS camelico, vai.

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    1. Grazie Hombre .
      Cercherò di scrivere per l'EDS.
      Il bello è che simpaticamente due post fa scrivevo che il blog è una cosa invernale...

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  4. Molto bello, Lillina, bravissima :^)

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  5. Brava davvero, adoro le fiabe di una volta soprattutto su sfondi rurali. E brava a non averli fatti sposare, alla fine: in questo modo hai creato un personaggio femminile modernissimo, di donna che si emancipa da sola, un'imprenditrice single ante litteram. Che poi sono sicura che al paese nessuno le ha mai mancato di rispetto per il suo amore non benedetto in chiesa.

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    1. Grazie Melusina, sono sicura anche io che nessuno le ha mancato di rispetto se anche fosse stato avrebbe avuto modo di rispondere adeguatamente :)

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Ho messo la moderazione non per censurarvi, ma solo perchè voglio essere la prima a leggere i vostri commenti una sorta di ius primae noctis.
L'ho messa anche perchè siccome non controllo quasi mai le mail, se qualcuno vuole mandarmi un messaggio privato ha la certezza che lo legga, nell'altro caso a volte passa pure un mese prima di...
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